sabato 16 febbraio 2019

GIUGNO 2016 Bruxelles: viaggio nel quartiere di Molenbeek, covo dei terroristi islamici


Hanno offerto tutto ai loro cittadini. Istruzione con scuole all’avanguardia, una sanità eccellente e lavoro. Perché la grandezza di un paese si misura dal livello della cultura, dalla qualità degli ospedali e dalle industrie cresciute grazie alla laboriosità dei suoi cittadini. Scuola, sanità e lavoro garantiti ai belgi e anche a coloro che sono arrivati da fuori per migliorare le loro condizioni di vita. Eppure, in un paese moderno e in una città all’avanguardia come Bruxelles, qualcosa non è andato come si deve. Gli attentatori di Parigi e della stessa Bruxelles provenivano proprio dal quartiere malfamato di Molenbeek Saint Jean, la zona dove vivono gli islamici. Siamo andati a conoscerla. Pura curiosità la nostra, perché ovunque ci rechiamo vogliamo raccontare le nostre impressioni.

Nessun intento di realizzare reportage come quelli già usciti e di ottimo livello nelle ultime settimane. Percorriamo il canale che attraversa la città lo scorso 2 giugno in un clima che non assomiglia per nulla a quello di fine primavera. Freddo, pioggia, nebbia non sono condizioni inusuali, anzi è la regola da quelle parti. Ci addentriamo nel quartiere e tutto cambia. L’architettura è diversa, si notano decine di palazzacci multipiano tutti identici somiglianti ai casermoni popolari sorti in Italia negli anni ’70. I citofoni parlano chiaro. I cognomi sono quelli di El Boudaini, Bentaib, Bouhammel, tutti nordafricani. Nemmeno l’ombra di un cognome belga. Da avenue de Roovere a boulevard Edmond Machtens è un susseguirsi di palazzacci. Entriamo nel pieno di Molenbeek e troviamo negozi in lingua araba nei quali entrano soltanto islamici. Al negozio di alimentari Douma Boulangerie ci serve Soudà, si fa chiamare ‘Simo’ dagli amici.

E’ marocchino e ha vissuto anche in Italia, dal 2007 al 2009. “Ma qui si sta meglio ve lo garantisco – ci dice sorridendo mentre ci serve – qui si può guadagnare e si può vivere bene. In Italia facevo il muratore nella zona di Napoli, ma non mi trovavo per niente bene. Allora sono venuto a Bruxelles ed è cambiato tutto. Il lavoro qui c’è per tutti. Dei terroristi non ne so nulla. Io vivo la mia vita e non mi interessa quello che fanno gli altri”. E’ la stessa risposta che danno altre persone. A noi non accade nulla di strano. Non veniamo minacciati o aggrediti come è accaduto ad altri colleghi che sono entrati a Molenbeek a realizzare servizi su questo quartiere. Anzi, la gente ci parla in tono amichevole. Una ragazza col velo ci dice: “Molenbeek è grande. Non è possibile colpevolizzare tutti per colpa di pochissimi”.

Non possiamo negare però che nel quartiere islamico l’atmosfera è strana. E’ quella del ghetto sudafricano. Alla fin fine uno di quei palazzacci con le antenne paraboliche e i muri scrostati non sono diversi dall’edificio della Vincenziana della nostra  Magenta dove vengono ospitati i richiedenti asilo. Poco distante, a Rue de Liverpool, ci sono soltanto persone di pelle nera. Come nel quartiere congolese di Matogè. All’interno dei negozi solo persone di colore servite da persone di colore. Nessun bianco entra in quella via perché sembra quasi appartenere a loro. I neri da una parte e i bianchi nella faccia buona di Brucexelles. Quella della Grand Place e delle cattedrali. Quella delle vie tradizionali e delle comitive che arrivano da tutto il mondo. Il turista non entra a Molenbeek, che ci andrebbe a fare. Evidentemente qualcosa di marcio si nascondeva in quella città dall’aspetto pulito. Dalle ragazze bionde con gli occhi azzurri bene istruite dagli uomini d’affari in giacca e cravatta.

Qualcuno covava un odio esasperato, esploso con una violenza inaudita e l’ha voluto dimostrare a tutto il mondo. Possibile che non ci si sia accorti di nulla? L’aeroporto oggi è militarizzato. Bruxelles vuole uscire da questo incubo e ci riuscirà perché ci abitano persone intelligenti. Ha dato tutto ai suoi cittadini e, almeno in teoria, alle persone che ha ospitato. Ha dato istruzione, cultura, ospedali eccellenti e fabbriche che offrono lavoro. Le basi per costruire una società civile. Eppure, nonostante tutto, qualcosa non ha funzionato.

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